lunedì 16 giugno 2008

L'errore di Biolco Friaresi.

La scalata sociale di B. era stata inarrestabile. Aveva intuito un giorno, al termine di una corsa di Formula X, nei box del circuito di Salamescio, guardando gli occhi scintillanti di invidia un sessantottino di destra diventato ministro, che il potere non era più quello del Divo, arcano e inarrivabile: misterioso nelle sue alchimie, pronto anche al male per tutelare un presunto bene. E terribile e vendicativo come un dio se stuzzicato nei suoi punti sensibili. Il potere era diventato qualcosa di elementare. I giovani figli del sessantotto erano avidi di fica, di soldi, di divertimento. Il potere era solo un modo per ottenere queste cose, da quando in loro il sacro fuoco per la politica si era definitivamente spento, o attenuato. E lui così aveva costruito il suo successo, regalando divertimento, coca, e donne facili alle nuove leve discinte del potere politico. La sua familiarità con loro era diventata talmente spinta che era diventato lui stesso uno di loro, e a volte più influente di loro stessi. Lui aveva il potere di redimere una puttana di stato, solo sposandola. E lei in cambio sarebbe stata una moglie silenziosa, complice e ubbidiente. Lui aveva il potere di combinare storie, di ospitare gente che mentre ballava ubriaca persa prendeva decisioni importanti su questo o su quello: potevano decidere persino di tornare al nucleare, o di entrare in guerra in medio oriente, mentre contemplavano sghignazzando una zoccola televisiva, poi diventata deputato, tuffarsi semisvestita in piscina con la bottiglia dello champagne in mano, il naso impolverato e i cubetti di ghiaccio fra le tette. Si incontravano nel suo locale smargiasso presunti nemici che non avrebbero pututo incontrarsi altrove. Si annusavano avvinazzati e accaldati - nessuno resisteva dopo un po' - e magari finivano anche con lo stringere alleanze impensabili. Così si accrebbe negli anni la sua fama che perfino il potere spirituale non mancò di omaggiare il suo chiacchierato matrimonio. Ma un giorno B. si spinse troppo in là. Era pur sempre uno zotico di successo, un provinciale ignorante e grossolano, uno che in un paese normale avrebbe dovuto sudare per campare, chissà magari guidare un trattore sotto il sole cocente per guadagnarsi la giornata. Il solito italiano guascone convinto di sapere tutto... e che invece non sapeva niente, o non abbastanza. Il vero potere non era nelle mani di quei presunti potenti discinti, senza dignità e strafatti dalla mattina alla sera, col naso e il cervello consumati dalla coca. Il vero potere aveva lasciato a questi tristi commedianti la rappresentazione del potere, e si era spostato in zone più eteree e tranquille. Il vero potere era sempre lo stesso: lontano e misterioso. Perché il vero uomo di potere è sempre un asceta che vive per il potere, e non un puttaniere. Che errore era stato scordarsi di questo! Ma questa sacra/blasfema rappresentazione era stata per l'appunto utile a farlo scordare a tutto il popolo della repubblica "fondata sul lavoro". Solo, il vero potere non siedeva più tra i banchi parlamentari, si era fatto più sofisticato e inafferrabile che mai. Aveva lasciato lì tra i banchi, qualche annoiato delegato che aveva certo di meglio da fare, a spiegare alla ciurmaglia discinta come doveva votare, casomai si dovesse tenere sotto controllo qualche provvedimento importante. Del resto finché stai in parlamento, devi rendere conto a qualcuno, tempo che perdi, decisioni che vengono limitate dalle pretese della "sovranità popolare". Il potere si era trasferito in levigati ed algidi grattacieli. In database pieni di nomi e di numeri. Capitali che si spostano con un clic. Finanzieri in grado di mettere in ginocchio un paese, o di farlo uscire da un circuito monetario, alzando la cornetta del telefono e dettando alla segretaria poche operazioni incomprensibili ai più. Senza il bisogno di consultarsi con nessuno e poi andando tranquilli a portare a passeggio il cane. Intrecci misteriosi ad altissimo livello. Il vero potere non aveva affato perso il suo fascino ieratico, si era solo trasferito in cieli più alti e tranquilli. Un giorno B. si trovò a spingersi troppo in là, e confuse il vero potere con la sua patetica rappresentazione. Pretese e ostentò strafottente familiarità con gente che non la gradiva affatto e che non intendeva ricambiare il piacere. Quel giorno commise, per la prima volta nella sua vita, un errore. (1 - continua)

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